Il
termine “cuddhura” deriva dal greco antico κολλύρα (Koulourakia)
cioè pagnotta e indica un tarallo tipico della tradizione salentina del periodo
pasquale. Realizzato dalle fasce popolari e soprattutto dai contadini, era un
augurio di fertilità e abbondanza.
La forma tradizionale della cuddhura è la colomba, ma nel
corso del tempo, nel Salento, la tradizione ha prodotto varie forme: il gallo
(augurio di forza e virilità), la pupa (per la fecondità) o il classico cuore
da scambiarsi tra fidanzati.
La classica forma circolare sta ad indicare l’eterno
ciclo di morte e rinascita, un concetto molto vicino a quello della Pasqua
cristiana. La cuddhura interrompeva l’astensione dalla carne, dalle uova e dal
formaggio imposta dalla quaresima.
La tradizione della cuddhura è ancora fortemente radicata
nel Salento, dove prende anche il nome di “palombe”, “palummeddhre”, “panareddhre”, “puddhicasci”,
“puddhriche”, e si è fatta conoscere anche in alcune zone
dell’Albania e della Grecia.